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Friday, August 19, 2011

Gavi: un paese e una leggenda piemontese

Sulle origini di Gavi, grazioso borgo in stile ligure sovrastato da un'imponente fortezza millenaria,  c'e' forse ancora molto da dire. Tanti gli aspetti irrisolti e le ipotesi che per ora restano tali, ma prima o poi il mosaico storico si compira', svelando nei dettagli un percorso secolare la cui trama e' leggibile nel territorio stesso.
Per il momento alla storia noi preferiamo la leggenda che volle essere Gavi fondata dalla bellissima Principessa Gavina o Gavia.
Di origini provenzali la principessa dovette abbandonare il suo Castello perche' rea di un amore non conforme alle regole. Innamoratasi di un principe di rango inferiore, da lui ebbe un figlio e i due furono scacciati.
Costretti ad abbandonare la Provenza, i due amanti errarono fino a che giunsero nella parte piu' a sud di quella che oggi e' la Provincia di Alessandria, meridionale lembo di Piemonte e li' , attratti dalla bellezza del luogo, decisero di fermarsi e di edificare la loro dimora sulla sommita' del Monte Moro, che sembra sorgere sulla pianura quasi dal nulla, come uno scoglio in mezzo al mare.
La dimora diverra' poi il Castello di Gavi, oggi conosciuto come Forte di Gavi, le cui origini risalgono a prima dell'anno mille. Vedi: http://www.fortedigavi.it/
La Principessa visse a lungo e diede impulso a nuove costruzioni dalle quali origino' il borgo di Gavi che prese, come e' evidente, il suo nome.
Nella Gavi di ggi si puo' godere della semplicita' rurale delle sue stradine strette, ai lati della quali ancora si individuano, dietro le ristrutturazioni, quali furono le stalle e quali i granai. Durante il giorno e nelle sere d'estate, il paese e' un brulichio di gente, reso quasi surreale dalla maestosita' e ampiezza del Forte, calcato quasi come un cappello sopra la Piazza, quella grande, che e' un pullulare veloce di molecole: automobili in cerca di un parcheggio, gente che entra ed esce frettolosamente dagli uffici, genitori, soprattutto mamme, che si stringono al portone della scuola elementare all'avvicinarsi del suono della campanella che segna la fine delle lezioni.
Lasciata la Piazza dalla parte alta, si entra nella quiete di via Monserito. Animata nel passato dai carretti, la via si srotola fino all'uscio di un elegante, quanto diroccato palazzo signorile con stemma e statue ancora ben visibili.
Monserito e' come una porta sul silenzio. La strada pare ovattata; non un rimbombo, non uno scricchiolio; solo qualche gatto che vi occhieggera'. In Monserito, camminando raso ai muri e affacciandosi in qualche cortile, con un po' di concentrazione e' ancora possibile cogliere l'antico odore del fieno e dei buoi che fino a qualche decennio fa sostavano nelle stalle.
Proseguendo per visitare il Portino, antica porta d'accesso al paese rimasta intatta, inevitabilmente si arrivera' alla bottega di 'Gianni il fornaio".
Entrare e' d'obbligo, come di rigore e' assaggiare la focaccia stirata, croccante al punto giusto e i canestrelli della Edda, biscottini di pasta frolla che si sciolgono in bocca come nuvole di zucchero.
Fino a qualche anno fa il forno era il ritrovo delle donne che volevano impastare e cuocere le ciambelle per casa. Al pomeriggio il retrobottega si animava dei pettegolezzi benevoli, ma non troppo, delle signore golose che amavano avere in casa una scorta di ciambelle fresche da offrire in ogni occasione. I tavoli sui quali la notte lavorava il fornaio e il forno dove cuoceva il pane, venivano messi a disposizione per arricciolare la pasta sotto le mani esperte e devote alla buona cucina delle donne gaviesi che, vi garantisco, sono cuoche superbe.
Tornati alla Piazza, se invece di imboccare via Monserito si gira a destra, si trova una bella enoteca la quale merita una sosta per l'attenta selezione di pregiati Cortese, Dolcetti, Barbera, da degustare nell'atmosfera intrigantemente elegante che i proprietari hanno saputo dare al locale.
Oltrepassata l'enoteca, continuando a salire per la strada, da un certo punto in poi sembra di camminare sui tetti delle case. Il sentiero e' la via pedonale al Forte; quella carrabile la si imbocca arrivando da Serravalle, dopo il cimitero.
Ma e' questo corto, ripido sentiero, sul quale si sente tutto il calore del sole anche in inverno, che e' la vera conquista alla Fortezza.
Piu' si sale e piu' il Forte sembra allontanarsi per il gioco della geometria delle sue mura che ingannano l'occhio.
Arrivati in cima, Gavi vi sta proprio sotto i piedi e si vede tutta la pianta del paese vecchio.
Tre strade dividono il paese longitudinalmente e tematicamente.
Nella parte alta c'e' Monserito, al centro via Roma che dalla chiesa di San Giacomo prosegue col nome di via Mameli fino all'uscita del paese in direzione ovest. A sud via De Simoni, principale via carrabile del quartiere chiamato Borgonuovo.
Via Roma e' il centro commerciale di Gavi. Accanto ai prodotti gastronomici, abbigliamento e scarpe sono una tradizione del commercio gaviese che per decenni ne hanno fatto il punto d'attrazzione non solo per il territorio limitrofo. Due nomi di eccellenza: Zerbo per le scarpe, Misia per l'abbigliamento. Due nomi ormai storici che sopravvivono all'ingordigia dell'immenso Outlet posizionato a una decina di Km. da Gavi e, quasi sfidando il monopolio dei grandi centri commerciali, altri coraggiosi commercianti puntano sulla carta dello shopping di qualita' in via Roma, consapevoli che  a Gavi la gente ritorna, non foss'altro che per comperare qualche amaretto, passeggiare, bere un aperitivo o mangiare un gelato e poi acquistare qualche cosa d'altro.
Attorno a Gavi ci sono le sue frazioni. Alcune conosciute, come Rovereto e Monterotondo, perche' luoghi deputati alla miglior produzione del vino  bianco Cortese. Altre timidamente nascoste tra gli anfratti collinari: silenziosi borghi contadini, gelosi custodi della loro semplicita' che ben si guardano dal mettersi in mostra, come Valrossara.
Le stradine strette, i colori delle case, la luce e la dolcezza delle colline, piccoli borghi come Valrossara. Tutto a Gavi vi puo' parlare ancora della Principessa: la fuga dalla Provenza dei due amanti e l'arrivo nel luogo del loro destino e della loro vita famigliare nel Castello.
E ancora, cit. : "la splendida giovinezza della bella donna, il suo fiorire ma anche il declino e il tramonto, fino all'ultimo atto del dramma: il rito funebre e la sepolture nei sotterranei del Castello, sotto quel rilievo convesso di roccia che si osserva in un  angolo del porticato e che sarebbe la pietra tombale destinata a proteggere il sonno della Principessa Gavia."
E' questa pietra, detta Gavina, che del paese attrae e trattiene. La pietra che forse nasconde agli sguardi profani quello che resta di una donna antica, signora e dominatrice.

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