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Tuesday, March 20, 2012

WHY VALROSSARA

It's not much to look at, but with good reasons Valrossara can be referred to as "The Village of Dreamers".
People that chose to move there allowed themselves to be inspired by its nature and a sort of straightforwardness, which changed their lives. One persone became an organic small farmer, another finally realized his own dream of building and running a "Theme Park". Someone else broke shyness and now passionately engages in art work, decorations, and old wood restoration.
Rustic, unadorned small villages are often places where it is easy to find inspiration and work things out around personal decisions.
Valrossara and its surrounding woodland areas is the right "terrain" in which artists and thinkers can share their ideas and stimulate each other while enjoying a bohemian atmosphere.
Valrossara is a place where it is easy to be in touch with your dreams, make them grow, shape them, and leave the place carrying the feeling that they will come true.
Need an immersion in history?
Just walk west or east, and in 30 minutes by foot two medieval castles will welcome you.
Do you want more? Go hunting for more Castles! Italy's Piedmont Region has plenty of small old towns each of which has a castle with its own distinctive style.
Want to swimm or play tennis or play bocce? Gavi provides with all those amenities at a mere 2 miles distance from Valrossara.
Need a full immersion among people?
At 10 miles distance you find one of the biggest Outlet retail places in Europe plus a nearby shopping mall.
How about a round of golf ?
Next to the Outlet a 9 hole golf course is there and if you are not satisfied with 9 holes, look for the 18 hole "Golf Club Tassarolo".
Want to visit other Italian towns ?
Thirty minutes by train and you are in Genova, the city with the largest old town in Italy and an easy gateway to Portofino and all the well known towns in the Italian Riviera.
Travelling west or north the two big cities of Milan and Tourin are within one hour by train or car.
Enjoy wine tasting ?
Small local wineries will welcome you with their exellent white wine called Cortese di Gavi, and the reds such as Dolcetto and Barbera. It is remarkable the relationship between the quality of the wines and their prices: high quality at a very affordable price.
Want to talk about food?
The Slow Food mouvement was born and raised in Piedmont. The entire Region is a locavor and food lovers heaven!
In Valrossara you may have the opportunity t taste and appreciate some of the local hand-made foods and wines.
I say "you may", because honey, goat's cheese daily made from the fresh morning milking and ready to be eaten in the evening, old-style wine, and the organic home-made tomato sauce, are not sold for profit, but given as a sign of friendship. Therefore, a way to get close to the makers needs to be found in order to taste their fresh healthy food, and delicacies.

Wednesday, February 15, 2012

Isidoro "The Cat"

Era stato un inverno particolarmente freddo.
Gli anziani di Valrossara non ricordavano tanta neve negli ultimi cinquant'anni.
I calendari appesi nelle cucine delle case, indicavano che era primavera, ma a nessuno pareva che quella lunga stagione invernale potesse mai finire.
Cosi' anche quel mattino si risveglio' avvolto in un manto di nebbia che solo qualche raro e astuto raggio di sole, sarebbe riuscito a bucare e far capolino.
Agli abitanti del villaggio nulla sembrava cambiare, eppure proprio quel mattino d'inizio aprile, qualcosa era cambiato e qualcuno era gia' all'erta.
Poco dopo l'alba, quando le sagome delle case si fanno piu' nitide e i colori rossi e verdi delle persiane non sono piu' un mistero, un gatto arancione di media taglia, ma forte e tarchiato, era arrivato nel cortile centrale di Valrossara.
Camminando con passi felpati per non farsi sentire e strisciando rasente ai muri per non farsi vedere, aveva deciso che era l'ora di un riposino.
Scorta una rientranza nel muro abbastanza grande da accoglierlo, scavalco' una cesta, poi una grossa pietra e, facendosi piatto piatto, striscio' in mezzo alla catasta di legna che si ergeva proprio davanti a quello che per un po' sarebbe stato il suo rifugio.
La rientranza, ben protetta dietro a tanta mercanzia, lo avrebbe sicuramente coccolato e riparato dal freddo, mentre lui si abbandonava al sonno.
Sicuro di non essere visto, si arrotolo' a ciambella e si addormento'.
O cosi' sembrava a una miriade di occhietti maliziosi e furbi che lo avevano osservato sin dal suo ingresso nel cortile e che, vedendolo arrivare e appisolarsi con l'aria di chi intende rimanere per un lungo periodo, avevano dato l'allarme e in fretta e furia, avevano riunito il "Comitato d'Emergenza".
Cinciallegre, pettirossi, passeri e capinere, avevano smesso di giocare a rincorrersi fra le tegole dei tetti e con fischi acuti e prolungati chiamarono la famiglia Topi, che lasciata di corsa la tavola dove stavano facendo colazione, arrivarono al raduno con il tovagliolo ancora al collo. Chiamarono le api, gia' intente a colmare di miele i loro alveari, le mosche e le coccinelle e persino i temibili calabroni con i loro pungiglioni micidiali.
La situazione era grave.
Se quel gatto era li' per restare, le loro vite sarebbero state in pericolo.
Riunitisi tutti sul tetto della tettoia che copriva la catasta di legna dietro la quale il nostro felino si riposava, decisero di osservarlo da vicino.
Lo sconosciuto aveva una pelliccia folta e morbida, con belle striature arancioni sui fianchi, un visetto tondo con un'espressione che sembrava farsi beffe di tutto e tutti e quegli occhi semi chiusi che non si sapeva se dormiva, se rideva o se si preparava a sferrare una zampata micidiale per catturare qualche preda.
In fin dei conti era l'ora della colazione anche per lui: o no!?
Decisero di fare piu' rumore possibile, con l'intento di svegliarlo e disturbarlo al punto da indurlo ad andarsene. A chi piace un posto rumoroso dove non si puo' schiacciare un pisolino in santa pace? A nessuno, figuriamoci a un gatto!
Cominciarono a picchiettare e battere la grondaia di latta che scendeva accanto alla rientranza del muro, dove stava il nostro amico, che per il momento chiameremo Isi.
Il rimbombo del metallo, erano sicuri, l'avrebbe infastidito al punto che, infuriato, si sarebbe levato, guardato attorno e partito.
Ma il gatto non fece una piega. Allora i calabroni piu' grossi gli volarono attorno levando un gran chiasso col loro rumorosissimo ronzio.
Nessuna reazione. Il gatto, dai lunghi baffi immobili, non fece una smorfia.
Mesi dopo Isi avrebbe confidato ad un amico che in realta' era sveglio e osservava la scena divertito. "Perche' sprecare energie con questi qua, pensava, quando posso avere di meglio?" Si compiaceva: "Sono dormiglione e vagabondo! Cosa ci posso fare? Mi piace cosi' e sicuramente anche in questo paesetto trovero' un'anima buona che vorra' darmi tanto cibo e accogliermi in casa, dove potro' dormire su qualche morbido cuscino, meaooo, e tante carezze, meaooo...".
Stava sciogliendosi in queste fantasie, quando un'ombra si paro' davanti alla catasta di legna.
Isi non ebbe il tempo di capire, che una sensazione di duro lo colpi' allo stomaco. Aprendo gli occhi, non fece in tempo a vedere chi o cosa lo stava minacciando, che si senti' sollevare di peso, come risucchiato nell'aria.
In meno di un nanosecondo si trovo' rinchiuso in un sacco, cosi' stretto da non poter neanche muovere un orecchio.
Un'ora o poco piu' era passata dal momento del suo ingresso in quel cortile.
Voci di bambini s'erano appese all'aria per poi sparire nel rombo del bus che come tutte le mattine saliva al villaggio per portarli a scuola.
Passi pesanti di scarponi avevano attraversato l'aia per andare a lavorare nei campi circostanti o nelle lontane fabbriche.
Erano rimaste le chiacchiere melodiose delle donne che, una con l'altra, si dicevano le stesse cose, mentre ripetevano gli stessi gesti.
Al nostro povero gatto tutto sembrava perfetto per uscire allo scoperto e trovare quel cuore gentile che lo avrebbe accudito.
E invece era successo che il piu' malvagio degli abitanti di Valrossara quel mattino aveva deciso di rimanere a casa, per vendicarsi di un vicino e rubargli la legna. Avvicinandosi alla catasta per mettere in atto il suo piano truffaldino, vide Isi.
Odiava i gatti! Se avesse potuto li avrebbe eliminati tutti dalla faccia della terra, ma per fortuna non poteva ed era guardato a vista dagli altri abitanti che temevano per la sorte delle loro care bestiole.
Ma quel mattino, nessuno prestava attenzione a quell'uomo. Non ancora del tutto vecchio e con un'incredibile forza fisica, svelto come un fulmine allungo' la grande, ruvida, impietosa mano verso il gatto. Lo agguanto' e in un baleno lo ficco' dentro il sacco che aveva portato con se' per nascondere la legna che intendeva rubare.
Isi si ritrovo' al buio, trasportato chissa' dove sulle spalle di quello sconosciuto.
Sentiva le ossa di quel malvagio scricchiolare sotto la massa dei muscoli e la punta della clavicola premergli contro le costole, cosi' forte che a malapena riusciva a respirare.
Di tutto gli venne in mente: povero gatto!
Si era fatto piccolo piccolo e non sapeva che piano mettere in atto. Gridare? Chi avrebbe mai potuto sentirlo, o venire in suo soccorso, dal momento che non sapeva dove si trovava?
Lui, il gatto viaggiatore, che conosceva molti luoghi, ma che da nessuno era conosciuto. In altre parole, era solo; solo e pietrificato dalla paura.
Decise comunque di tentare qualcosa. Estrasse le unghie appuntite per graffiare la spalla del suo aguzzino, ma la tela del sacco era talmente spessa, che nemmeno i suoi potenti canini riuscirono nell'impresa.
La situazione era drammatica, ma Isi non voleva arrendersi. In cuor suo continuava a sperare in un miracolo, una di quelle occasioni fortunate che ogni tanto accadono, anche nella vita di Isi il vagabondo.
L'uomo intanto si dirigeva verso il bosco dove intendeva disfarsi barbaramente del felino e seppellirlo da qualche parte.
La foresta di acacie era la casa dei caprioli, dei tassi, delle volpi, dei fagiani e di altri gatti che per non correre il rischio di essere picchiati, o peggio uccisi, vivevano in piccole comunita' al limitare dei campi, cacciando e imparando ad apprezzare la vita selvatica e un menu' a base di insetti e vermi, che altrimenti mai avrebbero incluso nella loro dieta; ma quello era il prezzo da pagare per la liberta' e la protezione che il bosco garantiva loro.
Il nostro uomo avanzava guardando attentamente a destra e a sinistra del sentiero, per trovare il posto ideale dove eliminare Isi, senza correre il rischio di essere colto sul fatto.
Poco dopo il bivio che porta alla Passeggiata della Colla, cosi' si chiama il versante della collinetta che guarda a sud, una piccola radura circondata da cespugli abbastanza alti gli sembro' il posto giusto. Pensava che, se si fosse accucciato dietro a quel riparo naturale, nessuno avrebbe mai visto niente.
A dire il vero a quell'ora nel bosco non c'era anima viva, ma la paura di venir additato con sospetto per qualcosa di cattivo che aveva fatto, lo faceva essere estremamente cauto.
Si diresse verso la radura e, messo un piede oltre i cespugli per aprirsi un varco ed entrare, si accascio' come un salame e, con un grido lancinante, scaravento' a terra il sacco che rotolo' a qualche metro di distanza.
Quei cespugli erano talmente folti che l'uomo non vide una tagliola messa li' da qualche cacciatore per catturare, con l'inganno, una grossa preda.
Chiudendosi, i denti taglienti dell'infernale marchingegno, penetrarono nella sua gamba, proprio sopra la caviglia e un fiotto di sangue arrossi' l'erba tutt'attorno.
Per il nostro gatto quello fu il momento del miracolo e della fuga.
Isi, con tutte le forze che ancora gli rimanevano, comincio' a graffiare, a tirare e a mordere la tela del sacco e in piu', questa volta, fu possibile mordere e tirare il laccio che lo chiudeva ad una estremita'. Il malvagio, che confidava piu' nella sua forza che in tutti gli arnesi del mondo, non aveva badato a fare un bel nodo stretto, sicuro che la morsa delle sue mani, sarebbe stata sufficiente a trattenere la bestiola.
Il sacco si apri' e con un balzo il gatto fu al sicuro dal suo rapitore, il quale intanto tornava al villaggio tutto sanguinante e dimentico dei suoi progetti criminosi.
Povero Isi, se l'era vista proprio brutta. Tiro' due profondi sospiri: uno di sollievo e l'altro per rilassarsi.
Tremava tutto. I baffi a furia di saltargli dal mento al naso, avevano preso la forma di un aquilone bagnato e la coda continuava a sbattere a destra e a sinistra.
Barcollava come se avesse bevuto vino tutta la notte.
Doveva togliersi di dosso quel terrore che gli circondava nelle vene come pece, nera e appiccicosa, se voleva avere una minima possibilita' di sopravvivere in quell'ambiente ostile.
Un, due, tre: insipare dal naso, espirare dalla bocca. Un, due, tre, un alto profondo respiro, poi un altro e un altro ancora.
Sentiva l'aria fresca scendergli giu' fino in fondo alle zampette e rilassarlo, ma la coda continuava a battere ai lati come impazzita e non rispondeva ai comandi.
Provo' allora alcune posizioni yoga. Quella del legno per un minuto, poi quella del tulipano per stirare la spina dorsale e infine la posizione della candela, per far scorrere l'energia in tutti i chakra.
Calmatosi un po' e frenata la coda, doveva trovare la forza di rimettersi in cammino, senza sapere dove andare, ne' cosa mangiare. Provo' con le visualizzazioni positive: chiuse gli occhi e si concentro' su immagini che lo avrebbero aiutato a sentirsi forte e coraggioso e, mentre sceglieva fra scatolette e croccantini, topolini da cacciare e caminetti accesi, senti' una voce che proveniva da dietro l'albero.
Apri' gli occhi e riconobbe un inconfondibile musetto rosso e aguzzo.
"Oddio la volpe; sono finito! Altro che tavole imbandite. Adesso quella mi mangia in un bocconcino. Altro che topolini e uccellini, saro' io ad essere servito per pranzo!"
E comincio' a tremare come una vela nella tempesta.
Con sua sorpresa la volpe non si mosse da dietro l'albero e continuo' a parlare con voce calma e rassicurante: "non temere, non ti mangero', non oggi almeno. Eri arrivato nel posto giusto, dove avresti potuto goderti una vita piena di comfort, ma il destino ti ha rispedito lontano. Ora devi proseguire il tuo viaggio. Cammina davanti a te, ti proteggeremo noi."
"Noi?" penso' Isi, "noi chi?" Per lo spavento non riusciva a vedere altri che la volpe, la quale, capita la momentanea confusione del gatto, con un gesto allargato e tondo della zampa, lo invito' a guardarsi attorno.
Tre immensi caprioli, immobili e maestosi, lo osservavano bonari dall'alto di un promontorio non troppo distante; l'upupa saltellava attorno a un querciolo proprio di fianco a lui, salutandolo gentilmente con la sua crestina e un tasso lo aspettava seduto su di un grosso masso in direzione del sole.
La volpe prosegui' : "Continua per questo sentiero e non ti fermare fintanto che non scorgerai un villaggio, in cima alla collina dei carbonai. Mi raccomando, non entrare nel paese dalla via principale. Sul tuo cammino vedrai un albero di mele con tante coccinelle rosse e nere che formano come un braccialetto sul ramo piu' basso. Li', svolta a destra e prosegui. Saprai di essere quasi arrivato perche' gli ultimi metri del sentiero sono molto ripidi. Giunto in cima, svolta ancora a destra e vedrai un cancelletto semi aperto. Entra nel giardino e attendi sereno davanti al portone. Un anziano ti accogliera' nella sua casa e li' sarai al sicuro, almeno fino a quando non ti deciderai a ripartire."
Cosi' parlo' la volpe, che poi spari' nel folto della boscaglia.
Lo stomaco gli brontolava dalla fame e gli occhi gli si chiudevano per la stanchezza. Si incammino', sperando che quel villaggio fosse abbastanza vicino da arrivarci prima di sera e chissa' se la volpe era stata sincera, ma non aveva alternative, per cui si mise in marcia.
Non fu difficile arrivare a destinazione e come per incanto, prima del tramonto, si ritrovo' fra le braccia accoglienti, questa volta di un buon uomo, appassionato di gatti, il quale teneva sempre pronta una scorta di tonno in scatola e alcune copertine sul divano, dove invitava i suoi ospiti a quattro zampe a riposare.
Passarono i giorni e poi le settimane.
Isi era contento di essere dov'era. Considerava quel posto il miglior B&B che avesse mai sperimentato, ma appunto un albergo, non una casa.
Gli mancava un posto che potesse chiamare "casa"; un luogo di appartenenza dove ritornare ogni volta che voleva ed essere accolto con gioia e amore.
In un pomeriggio assolato di piena estate, se ne stava a fare le fusa dietro a un topolino che aveva appena scovato, quando un viso noto gli venne incontro. L'upupa, che settimane addietro lo aveva scortato fin li', ora gli saltellava incontro con aria di vittoria. Gli si avvicino' e gli porse un rametto sul quale c'era scritto: "Oggi, 15 agosto, Valrossara e i suoi abitanti festeggiano il giorno dell'amicizia."
Isi la guardo' furioso: "non venire a parlarmi di cose belle a Valrossara; non ti ricordi che per un pelo ci lascio la vita?"
E l'upupa, svolazzandogli attorno divertita, lo informo che, dall'incidente della tagliola, l'uomo che odiava i gatti non si era piu' ripreso. Finito all'ospedale per una grave infezione, aveva perso la testa e ora era rinchiuso in una casa di riposo, dalla quale non sarebbe mai piu' uscito.
Dopo aver appreso la notizia e con la testa piena di pensieri, di fantasie, desideri, paure e progetti, Isi passeggiava nervosamente su e giu' per il giardino, giorno e notte, assicurandosi sempre che il cancello fosse ben chiuso per non farsi prendere di sorpresa mentre se ne stava cosi' assorto nei suoi rimuginii.
Poteva ritentare la strada di Valrossara? Quanto gli sarebbero tremate le gambe alla vista di quel cortile, dove il suo incubo era cominciato? Chi lo assicurava che gli altri abitanti erano buoni? E domande su domande alle quali non poteva rispondere.
Qualcosa pero' lo stuzzicava, lo spingeva a ritentare: era la speranza di trovare finalmente una casa.
Sette giorni dopo, messi da parte tutti quei pensieri che lo immobilizzavano, parti' , sicuro che, qualunque cosa gli fosse capitata, sarebbe potuto tornare al suo B&B prima di notte.
Giunto nella pioppeta da dove si vede bene Valrossara dal basso, prese la strada dei campi. Zigzagando fra muretti, scalette e cespuglietti, arrivo' in prossimita' di un giardinetto ben tenuto; piccolo ma abbastanza spazioso da contenere un bel tavolo, alcune sedie, due poltroncine e un largo ombrellone che spandeva una piacevole ombra. Su una delle sedie se ne stava beatamente appisolata una gattina, col piu' bel musino che Isi avesse mai visto.
La rimiro' a lungo fintanto che la gattina, stirandosi, apri' un occhietto e lo guardo' compiaciuta: sapeva di essere ammirata.
Isi era cosi' preso dalla vista di quella meraviglia, che non s'accorse che dall'altro lato del giardino una ragazza l'aveva visto e osservava divertita la scena; poi si alzo', entro' in casa e ne usci' con del cibo che mise in un piattino accanto ad una ciotolina d'acqua fresca.
Era quello un gesto di benvenuto? Isi, accortosi di quella presenza umana, comincio' a tremare e a rimproverarsi per essersi lasciato tentare a ritornare da quelle parti.
La ragazza intanto conversava con la gattina: "Hai visto che bel gatto arancione? Ti piacerebbe avere qualcuno con cui giocare quando sono al lavoro?"
La gattina, sospettosa e annoiata dall'idea di dover condividere i suoi spazi con un estraneo, dapprima fece finta di non aver sentito, ma poi, pensando a quanto divertente doveva essere passare le giornate in compagnia di un suo simile, si abbandono' ad un largo sorriso, segno evidente che approvava l'intenzione della sua padroncina.
La ragazza, felice, si rivolse con maniere invitanti al gatto, il quale aveva le gambe ancora pietrificate per la paura. La ragazza fu cosi' dolce e insistente che Isi cedette all'invito del cibo e dell'acqua fresca, ma soprattutto agli occhi della gattina. A quegli occhi, lui, un gatto con l'esperienza della vita, poteva credere.
La ragazza, felice di accogliere un randagio nella sua casa, esclamo' : "Lo chiamero' Isidoro!" E prontamente telefono' alla sorella per darle la notizia del nuovo arrivo.
Piccolo Isi, aveva finalmente trovato la casa e l'affetto che aveva tanto sognato e cercato a da li' non si sarebbe mai piu' mosso per esplorare il mondo come un navgatore solitario.
Eppure qualcosa della vecchia passione per il vagabondaggio gli era rimasta. Ogni anno, allorquando il freddo vento che scende dalla collina del Santuario si tramuta in dolce brezza, un richiamo interiore lo scuote: e' il momento delle vacanza.
Cosi' tira fuori una polverosa guida turistica, da un'occhiata alla mappa e via, fino al suo preferito B&B, per un breve soggiorno e un saluto agli amici del bosco.
Due o tre giorni di villeggiatura e qualcuno lo va a prendere e lo riporta a casa in automobile., dove lo aspetta una doppia razione di coccole.
E gli altri abitanti di Valrossara?
La famiglia Topi, le api e tutti gli uccelletti, spaventati perche' sapevano quanto e' facile finire nelle grifagne del gatto, poco a poco si abituarono all'idea che Isidoro era diventato un abitante stabile del villaggio. Del resto lui se ne infischiava bellamente di loro. Appeso il cappello al chiodo, si dedicava interamente all'altra sua passione: dormire.
Protetto e al caldo, in quella meravigliosa veranda dalla quale dominava tutto il panorama, schiacciava un pisolino dopo colazione, una pennichella dopo pranzo, poi un'oretta di sonno come aperitivo prima di cena e la notte riusciva a dormire fino a 10 ore filate.
Fu anche nominato il "re dei pisolini" e premiato per il record della dormita piu' lunga del circondario.
Da quel fortunato mese d'agosto, Isidoro non lascera' mai piu' Valrossara e vivra' una vita lunga e felice in compagnia della gattina e della sua padroncina, una creatura dolce e sensibile, che tante cure sapeva dedicare ai suoi piccoli amici.

Sunday, February 5, 2012

Valrossara, 100% Italian Terroir

Italy's South Piedmont area has abundant beauty and wonderful delicacies that need to be descovered.
Gavi, with its enormous castle, green hills, delicious food and internationally-known white wine called 'Cortese di Gavi', is a delightful town wich offers many amenities and it is an easy gataway to turin, Milan, and the Italian Riviera with its famous seaside towns of Genova, Portofino, and '5 Terre' .
Valrossara is a simple, rustic farm-style 17th century Italian Borgo.
For those who are not familiar with the name "Borgo", consider it a place much smaller than a village.
It is a "blink of the eye", as Americans sometimes say about a very, very small towns.
Located just two miles from the main town of Gavi, Valrossara is nestled within and embraced by a variety of woodlands with amazing scents, and colors changing with the change of the seasons.
Protected by the white Sanctuary towering above on a nearby hill, daily life in Valrossara goes smooth and serene.

Saturday, August 20, 2011

Valrossara e' un po' di infanzia ritrovata

Una mela si e' appena staccata dall'albero. E' una piccola mela variopinta: un po' di rosso, un po' di giallo.
Cadendo arriva quasi ai miei piedi.
Mi chino a raccoglierla. La meletta e' sana e siccome siamo in campagna do per scontato che sia anche pulita da quella polvere appiccicosa di smog cittadino.
Comincio a morderla.
La polpa esplode su tutte le mie papille gustative con una varieta' di fragranze a cui non ero abituata.
Altro che acqua zuccherata contenuta in un involucro piacevole alla vista. Questa mela campagnola rilasciava gusti controversi: dal dolce all'aspro; sapidi, quasi esotici, intendendo per tale qualcosa di lontano e inusuale.
Dovevo avere un'espressione allibita o estasiata, perche' un uomo, che sarebbe poi diventato un mio vicino, passandomi accanto disse: "buona eh? Sono le mie preferite".
E tiro' dritto quasi non volendo disturbare.
Le sue parole mi riportarono al luogo dov'ero.
Con il frutto mezzo mangiucchiato ancora saldamente in mano, perche' mi spaiceva finirlo, mi girai per meglio capacitarmi dello spazio nel quale mi trovavo.
E zoom ! Cupido lancio' la freccia.
Ero arrivata a Valrossara, cosi' si chiama il borgo da dove quella mela proveniva, in un pomeriggio di settembre. Sembrava disabitato, anche se non mancavano segni di qualche presenza umana.
L'aria tersa, il sole ancora caldo, il cinguettio di qualche uccelletto, l'abbaiare di un cane in lontananza, il colore intenso, anzi, di piu', quasi persistente della natura tutt'attorno che abbracciava il borgo in una morsa di verde inespugnabile: sembrava di essere su un set cinematografico dove di li' a poco avrebbero girato un'azione mozzafiato.
E invece silenzio e aria pulita.
Guardai piu' attentamente cosa c'era attorno a me.
Mi trovavo in un vecchio cortile in parte circondato da case attaccate l'una all'altra che formavano come una L, mentre dall'altro lato sembrava un fiordo per l'intercalare di stalle e stallucce frammezzate da spazi occupati ora da un giardinetto, ora da una scaletta che scendeva nel viottolo sottostante.
Dalla descrizione sembrerebbe un cortile vasto, quasi una piazza centrale di paese, invece e' uno spazio molto contenuto.
Vecchio e' l'aggettivo che ritornava nella mia mente: un cortile vecchio; "un cortilaccio" : esordii tra me e me !
E gli odori ! Quegli odori che esalavano dal cortile: una mistura fra la polvere del selciato, il serbatorio dell'ape di Mario, l'odore di due magazzini che vi si affacciavano stracolmi di attrezzi per la campagna, la legna da ardere riposta sotto una tettoia.
Era l'odore di una vita di lavoro, delle generazioni che avevano popolato quello spazio.
Me ne innamorai !
Quel cortilaccio mi riporto' alla memoria quando, piu' di quarant'anni prima, andavo a Gavi a trovare la nonna e poi a far visita ad altri parenti.
Arrivare dalla Svizzera fino al basso Piemonte per quei tempi era un viaggio. Milano non aveva ancora la circonvallazione autostradale e per attraversarla si impiegava molto tempo, percio' questo viaggio non si compiva mai piu' di una o due volte l'anno.
Gavi mi piaceva, con quegli odori forti che uscivano dai negozi di alimentari: gli stoccafissi appesi, le scatole in metallo aperte con le acciughe e i tranci di tonno da vendere a peso e poi i formaggi, i salumi, pane, focaccia.
Tutti questi odori si mescolavano prendendo il mio naso come in un sogno.
Quasi tutto mi affescinava, come le vecchie corriere rumorose, fumose e lente; qualcosa per me quasi irreale, come il gusto, un po' difficile da apprezzare, del gioccolato fondente delle uova di Pasqua. Non riuscivo a capire come quei bambini ne fossero cosi' ghiotti, ma non riuscivo nemmeno a capire come si potessero chiamare automobili le '500 e soprattutto come ci si potesse stare dentro in piu' di due persone. Ma mi piacevano e non avrei mai voluto andarmene da quel posto che aveva tutto il mio affetto bambino.
E dopo quaranta anni mi trovavo in un cortile che mi faceva rivivere una parte importante della mia infanzia.
E siccome la memoria e' come un bacino dagli scenari sorprendenti e imprevedibili, l'odore del "cortilaccio" , questa volta piu' forte, forse per un soffio di vento piu' deciso, mi porto' sulla scena di quando, con la nonna e la mamma, andavo a trovare lo zio Gigio.
Lo zio era un vecchietto rugoso e ricurvo che passava molto tempo seduto su un sedile di pietra, appoggiato in avanti sul suo bastone di legno, con un cappello tipo basco calcato sulla testa pelata.
Spingendo un pesante portone di lagno scuro si entrava in una corte interna parzialmente coperta da un soffitto a volta, quasi un corridoio, che immetteva nella corte stessa; una somiglianza con l'archivolto che a Valrossara immatte nel "cortilaccio" .
Lo zio Gigio non sempre era sorridente e accogliente e comunque non ero particolarmente attratta dalla sua presenza e non avendo ancora imparato le buone maniere, nemmeno mi sforzavo di mostrargli qualche attenzione.
Quello che mi intrigava e attraeva era gironzolare in quello spazio inusuale, pervaso da un forte odore di ferraglie e fieno.
Lo zio era stato un fabbro e un contadino e nel cortile giacevano gli arrugginiti trofei delle sue attivita' lavorative, ossia vecchi arnesi da lavoro e pezzi di ferro accatastati in un canto.
L'odore pungente del ferro era ammorbidito da quello del vecchio fienile e della stalla ormai in disuso.
Piu' rimanevo in quel cortile, piu' quegli odori si trasformavano in qualcosa di quasi magico e si imprimevano nella memoria; e si impressero cosi' indelebilmente che forse, senza rendermene mai conto, sono andata ricercandoli per anni, di certo ogni qualvolta varcavo il confine.
Ed ora eccomi li' , in una piccola frazione attorno a Gavi, con una meletta rosicata fra le dita, a rivivere finalmente quelle memorie.
Fu cosi' che quel "cortilaccio" divenne parte dei luoghi a me cari e un punto di riferimento fra un viaggio e l'altro.

Friday, August 19, 2011

Gavi paese goloso

Gavi e' un paese goloso ed elegante come la sua gente e chi vi sosta anche solo per mezza giornata, scoprira' atmosfere inattese.
Il paese ha una storia secolare d'accoglienza. Gran parte della sua economia fu nei secoli l'arte dell'ostelleria e la tradizione dell'accoglienza prosegue oggi nella golosita' dei suoi prodotti tipici: gli amaretti, inimitabili dolcetti centenari; un prelibato insaccato chiamato "testa in cassetta", il vino Cortese e i ravioli, a proposito dei quali e' necessario spendere qualche parola in piu', perche' pare che la storia dica, e storici e chiefs di altre illustri regioni non me ne vogliano, che i ravioli cosi' come ancor oggi ce li figuriamo e li mangiamo, videro la luce nella Citta' di Gavi.
Siamo nel XII secolo e Gavi era passo obbligato sulla rotta commerciale fra Genova e la Padania. Fiere, incontri e scambi, vocarono la cittadina all'ospitalita' locandiera con il fiorire di bettole e ristori.
Una di queste si chiamava "l'Hustaia du Ravio" ed era di proprieta' della famiglia Raviolo, che inventando, cit.: "quel guanto ripieno di borragini e scarole, uova e formaggio di capra...", dette inizio al fortunatissimo piatto che poi Genova avrebbe lanciato nel mondo dal 1200.
( Notizie tratte dagli scritti di Carletto Bergaglio, fondatore e Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri del Raviolo di Gavi.)
Una curiosita' : pare che anche Paganini fosse un estimatore di questi prelibati ravioli.

Ma l'accoglienza sta prima di tutto nella gente.
A Gavi le tradizioni sono dure a morire e in questo caso, si direbbe per fortuna. In un epoca di appiattimento massmediatico come il nostro, a Gavi il dialetto, simile a quello genovese, e' ancora saldamente radicato anche nelle generazioni piu' giovani e comunemente parlato nelle botteghe, nei bar, per strada, suonando come una melodia priva di sboccature.
La parlata, il modo conserto di gesticolare, l'accoglienza mai esagerata ne' lesinata: tutto dice di una popolazione cortese come il suo vino, socievole ma senza eccessi, sicuramente orgogliosa, anzi a volte quasi superba, per aver saputo creare e mantenere un luogo dove il bramato "buon vivere" e' di casa.

Gavi e il suo territorio sono un'esperienza sensoriale indimenticabile se li si sanno avvicinare e comprendere senza fretta e con umilta', magari mentre si sorseggia un bicchiere di Cortese con i pensieri sparsi nella brezza che arriva dal mare.

Gavi: un paese e una leggenda piemontese

Sulle origini di Gavi, grazioso borgo in stile ligure sovrastato da un'imponente fortezza millenaria,  c'e' forse ancora molto da dire. Tanti gli aspetti irrisolti e le ipotesi che per ora restano tali, ma prima o poi il mosaico storico si compira', svelando nei dettagli un percorso secolare la cui trama e' leggibile nel territorio stesso.
Per il momento alla storia noi preferiamo la leggenda che volle essere Gavi fondata dalla bellissima Principessa Gavina o Gavia.
Di origini provenzali la principessa dovette abbandonare il suo Castello perche' rea di un amore non conforme alle regole. Innamoratasi di un principe di rango inferiore, da lui ebbe un figlio e i due furono scacciati.
Costretti ad abbandonare la Provenza, i due amanti errarono fino a che giunsero nella parte piu' a sud di quella che oggi e' la Provincia di Alessandria, meridionale lembo di Piemonte e li' , attratti dalla bellezza del luogo, decisero di fermarsi e di edificare la loro dimora sulla sommita' del Monte Moro, che sembra sorgere sulla pianura quasi dal nulla, come uno scoglio in mezzo al mare.
La dimora diverra' poi il Castello di Gavi, oggi conosciuto come Forte di Gavi, le cui origini risalgono a prima dell'anno mille. Vedi: http://www.fortedigavi.it/
La Principessa visse a lungo e diede impulso a nuove costruzioni dalle quali origino' il borgo di Gavi che prese, come e' evidente, il suo nome.
Nella Gavi di ggi si puo' godere della semplicita' rurale delle sue stradine strette, ai lati della quali ancora si individuano, dietro le ristrutturazioni, quali furono le stalle e quali i granai. Durante il giorno e nelle sere d'estate, il paese e' un brulichio di gente, reso quasi surreale dalla maestosita' e ampiezza del Forte, calcato quasi come un cappello sopra la Piazza, quella grande, che e' un pullulare veloce di molecole: automobili in cerca di un parcheggio, gente che entra ed esce frettolosamente dagli uffici, genitori, soprattutto mamme, che si stringono al portone della scuola elementare all'avvicinarsi del suono della campanella che segna la fine delle lezioni.
Lasciata la Piazza dalla parte alta, si entra nella quiete di via Monserito. Animata nel passato dai carretti, la via si srotola fino all'uscio di un elegante, quanto diroccato palazzo signorile con stemma e statue ancora ben visibili.
Monserito e' come una porta sul silenzio. La strada pare ovattata; non un rimbombo, non uno scricchiolio; solo qualche gatto che vi occhieggera'. In Monserito, camminando raso ai muri e affacciandosi in qualche cortile, con un po' di concentrazione e' ancora possibile cogliere l'antico odore del fieno e dei buoi che fino a qualche decennio fa sostavano nelle stalle.
Proseguendo per visitare il Portino, antica porta d'accesso al paese rimasta intatta, inevitabilmente si arrivera' alla bottega di 'Gianni il fornaio".
Entrare e' d'obbligo, come di rigore e' assaggiare la focaccia stirata, croccante al punto giusto e i canestrelli della Edda, biscottini di pasta frolla che si sciolgono in bocca come nuvole di zucchero.
Fino a qualche anno fa il forno era il ritrovo delle donne che volevano impastare e cuocere le ciambelle per casa. Al pomeriggio il retrobottega si animava dei pettegolezzi benevoli, ma non troppo, delle signore golose che amavano avere in casa una scorta di ciambelle fresche da offrire in ogni occasione. I tavoli sui quali la notte lavorava il fornaio e il forno dove cuoceva il pane, venivano messi a disposizione per arricciolare la pasta sotto le mani esperte e devote alla buona cucina delle donne gaviesi che, vi garantisco, sono cuoche superbe.
Tornati alla Piazza, se invece di imboccare via Monserito si gira a destra, si trova una bella enoteca la quale merita una sosta per l'attenta selezione di pregiati Cortese, Dolcetti, Barbera, da degustare nell'atmosfera intrigantemente elegante che i proprietari hanno saputo dare al locale.
Oltrepassata l'enoteca, continuando a salire per la strada, da un certo punto in poi sembra di camminare sui tetti delle case. Il sentiero e' la via pedonale al Forte; quella carrabile la si imbocca arrivando da Serravalle, dopo il cimitero.
Ma e' questo corto, ripido sentiero, sul quale si sente tutto il calore del sole anche in inverno, che e' la vera conquista alla Fortezza.
Piu' si sale e piu' il Forte sembra allontanarsi per il gioco della geometria delle sue mura che ingannano l'occhio.
Arrivati in cima, Gavi vi sta proprio sotto i piedi e si vede tutta la pianta del paese vecchio.
Tre strade dividono il paese longitudinalmente e tematicamente.
Nella parte alta c'e' Monserito, al centro via Roma che dalla chiesa di San Giacomo prosegue col nome di via Mameli fino all'uscita del paese in direzione ovest. A sud via De Simoni, principale via carrabile del quartiere chiamato Borgonuovo.
Via Roma e' il centro commerciale di Gavi. Accanto ai prodotti gastronomici, abbigliamento e scarpe sono una tradizione del commercio gaviese che per decenni ne hanno fatto il punto d'attrazzione non solo per il territorio limitrofo. Due nomi di eccellenza: Zerbo per le scarpe, Misia per l'abbigliamento. Due nomi ormai storici che sopravvivono all'ingordigia dell'immenso Outlet posizionato a una decina di Km. da Gavi e, quasi sfidando il monopolio dei grandi centri commerciali, altri coraggiosi commercianti puntano sulla carta dello shopping di qualita' in via Roma, consapevoli che  a Gavi la gente ritorna, non foss'altro che per comperare qualche amaretto, passeggiare, bere un aperitivo o mangiare un gelato e poi acquistare qualche cosa d'altro.
Attorno a Gavi ci sono le sue frazioni. Alcune conosciute, come Rovereto e Monterotondo, perche' luoghi deputati alla miglior produzione del vino  bianco Cortese. Altre timidamente nascoste tra gli anfratti collinari: silenziosi borghi contadini, gelosi custodi della loro semplicita' che ben si guardano dal mettersi in mostra, come Valrossara.
Le stradine strette, i colori delle case, la luce e la dolcezza delle colline, piccoli borghi come Valrossara. Tutto a Gavi vi puo' parlare ancora della Principessa: la fuga dalla Provenza dei due amanti e l'arrivo nel luogo del loro destino e della loro vita famigliare nel Castello.
E ancora, cit. : "la splendida giovinezza della bella donna, il suo fiorire ma anche il declino e il tramonto, fino all'ultimo atto del dramma: il rito funebre e la sepolture nei sotterranei del Castello, sotto quel rilievo convesso di roccia che si osserva in un  angolo del porticato e che sarebbe la pietra tombale destinata a proteggere il sonno della Principessa Gavia."
E' questa pietra, detta Gavina, che del paese attrae e trattiene. La pietra che forse nasconde agli sguardi profani quello che resta di una donna antica, signora e dominatrice.

Wednesday, August 10, 2011

Valrossara, un borgo d'accoglienza 2

Scoprire un luogo e i suoi semplici incanti (2)

In un taccuino ritrovato all'inizio del sentiero che porta a San Cristoforo, paesetto cresciuto attorno al suo castello e che dista da Valrossara 30 minuti di piacevole cammino su uno sterrato largo e ombreggiato, qualcuno che ha voluto sperimentare uno spaccato di vita nel borghetto, ha scritto:

"E improvvisamente il silenzio. Alla fine di agosto i villeggianti lasciano il piccolo borgo, tutti alla stessa ora.
Caricano le auto dei bagagli estivi e partono uno dopo l'altro, quasi incolonnati, con una certa fretta nella speranza di evitare il traffico del rientro in citta' ."

"Col tramonto un silenzio vasto, onnicomprensivo ma rassicurante, prende il posto del sottofondo di voci festose che simpaticamente avevano accompagnato, come una ninnananna, le ore precedenti la mezzanotte."

"Partiti i villeggianti, che rivedremo solo per qualche weekend settembrino, il borgo si colora di una luce speciale. Le mura delle case sembrano riposare rilasciando il calore impresso dall'estate ; e settembre avanza con la sua aria tersa e col sole che scalda ma non brucia. E' quello giusto per la maturazione dei grappoli prima della vendemmia."

"Gli alberi attorno e dentro il borgo intanto continuano a regalare abbondanza. Ora e' il tempo delle prugne, dei fichi, noci, nocciole, uva, mele, aspettando i cachi".

"31 agosto. Dopo due mesi finalmente si rivedono le Alpi. L'aria e' tersa e fresca e dietro San Cristoforo sono ricomparse le Alpi a ricordare che siamo al Nord e che vicino ci sono la Svizzera e la Francia."

"E' un colpo d'occhio di rara bellezza quello che si offre a chi passeggia al mattino sulla stradina che da Valrossara porta ai Nebbioli. Il paese di San Cristoforo, dominato dal castello al centro, e' tutto illuminato dal sole. Aggrappato al fondo di una valle che forma una V, timidamente esiste quasi a dire che non e' nulla in confronto all'imponente corona di Alpi che lo cinge e alle vette che gli fanno da sfondo."

"A settembre le giornate terse si susseguono, regalando dettagli di un mondo contadino antico che non vuole scomparire. Le cascine sparse fra collinette e valli riproducono ostentatamente il vivere d'altri tempi. Poche galline, qualche coniglio, l'orto, i tanti pomodori coltivati per farne una salsa casalinga e regalarla poi a figli, parenti, amici."

"Il rito della salsa di pomodoro". Per alcuni giorni tutti spariscono e nell'aria si diffonde un piacevole odore di legna che arde. Sono i legni che bruciano sotto i pentoloni pieni di pomodori spezzettati che devono cuocere almeno tre ore prima di essere messi nei barattoli."

"un pezzetto di vigna per farsi il vino in casa, genuino, rigorosamente senza etichetta, che profuma di cantina e rilascia sentori che esprimono tutta la storia di quei grappoli, di quelle zolle, di quel luogo e delle persone che li hanno trasformati. E' un vino che spesso fa sognare e mette di buon umore sempre."

E poi piu' niente, ma il nostro anonimo autore o autrice ha egregiamente contribuito a rinforzare quell'alone di romanticismo che la piccola e modesta frazione di Valrossara puo' vantare.